L’ovulo umano che non diventa essere umano è brevettabile

Un ovulo “il cui sviluppo sia stato stimolato senza fecondazione e che non sia in grado di divenire un essere umano non può essere considerato un embrione umano”. Ma “se tale ovulo sia manipolato geneticamente in modo che possa svilupparsi in un essere umano, esso va considerato un embrione umano e come tale dev’essere escluso dalla brevettabilità”. E’ quanto conclude l’avvocato generale della Corte di giustizia dell’Unione europea, Pedro Cruz Villalón, che si è espresso sul caso di una società biotecnologica britannica.

il parere dell’Avvocato generale sembra aprire spazi di discussione alle parti in causa. Non ha il valore di una sentenza della Corte di giustizia, ma traccia una linea per la causa e la sentenza che verranno.

Ad avviare la procedura della Corte è stata un’impresa britannica di biotecnologia che lavora soprattutto su cellule staminali, l’International Stem Cell Corporation, e ha effettuato importanti ricerche genetiche sui topi. L’impresa ha presentato due domande per brevetti nazionali in Gran Bretagna, chiedendo il via libera per la produzione di cellule staminali pluripotenti, quelle più importanti in queste ricerche, da ovociti attivati con la partenogenesi. La risposta britannica è stata ‘no’, perché le domande comportavano la commercializzazione di ovuli umani (ulteriormente sviluppati dalla manipolazione genetica) e la loro distruzione.

Alla fine, tutto ruota intorno alla domanda: che cos’è e quando esiste davvero un embrione umano? In questa valutazione, afferma l’Avvocato generale, il criterio decisivo è se l’ovulo abbia la capacità intrinseca di svilupparsi in un essere umano: “La mera circostanza che un ovulo non fecondato possa avviare un processo di divisione e differenziazione cellulare, analogo a quello di un ovulo fecondato, non basta a considerarlo embrione umano”. In questo caso, dunque, via libera al brevetto. In attesa della prossima causa alla Corte di giustizia.

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