Rivoluzionaria scoperta per creare cellule staminali!

Il “guru” delle cellule staminali embrionali dell’Oregon Health & Science University è tornato a fare notizia con una scoperta rivoluzionaria che potrebbe avere importanti implicazioni per la medicina rigenerativa.

Shoukhrat Mitalipov e il suo team sono stati in grado di creare cellule staminali embrionali da cellule adulte di topo. Hanno usato il citoplasma di due embrioni che erano nella fase “interfase” del loro ciclo cellulare, una fase “avanzata” del ciclo cellulare.

Gli scienziati in precedenza avevano pensato che questa fase non era in grado di convertire i trapiantati nuclei delle cellule adulte in cellule staminali embrionali e solo lo stadio di “metafase” del citoplasma dell’uovo potrebbe produrre cellule staminali embrionali. Queste cellule sono più accessibili rispetto alle cellule tradizionali che scarseggiano.

Il nostro studio mostra che questa capacità di riprogrammazione rimane nel citoplasma delle cellule embrionali in fase avanzata“, spiega Mitalipov in un comunicato. “Sembra che i fattori continuano a lavorare e in modo efficiente riprogrammano le cellule“.

Nonostante altri scienziati hanno tentato in passato di riprogrammare le cellule, Mitalipov ha scoperto che la chiave risiede nel sincronizzare il ciclo cellulare del nucleo della cellula adulta e il destinatario citoplasma embrionale.

Se questi nuovi risultati valgono anche per gli esseri umani, potrebbero contribuire in modo significativo negli sforzi di rendere le cellule embrionali umane a prova di rigetti durante le terapie rigenerative.

Ricordiamo che le cellule staminali sono in grado di trasformarsi in qualsiasi tipo di cellula del corpo. Gli scienziati, dunque, credono che queste cellule siano le piu promettenti onde curare, in futuro, una vasta gamma di malattie, tra cui il Parkinson e la malattia cardiaca.

Il passo successivo nel approfondire la sua ricerca sarà quello di testare il processo nei macachi rhesus, dice Mitalipov.

Nel frattempo i risultati di questo studio sono stati pubblicati ieri nell’edizione online di Nature.

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