Si suicida scienziato giapponese per lo scandalo su ricerca falsificata

Si tinge di giallo il mondo della ricerca sulle cellule staminali:

Yoshiki Sasai, uno scienziato giapponese coinvolto in due studi sulle cellule staminali che erano stati ritirati per dati falsificati, si è suicidato martedì 5 agosto al Riken, l’istituto di ricerca nel quale lavorava a Kobe, nel Giappone occidentale. Lo studioso, 52 anni, è stato ritrovato da una guardia di sicurezza con un cappio intorno al collo.

Gli studi, che sostenevano che le cellule staminali potessero essere prodotte da normali cellule adulte immergendole in acido per 30 minuti, avevano suscitato diverse critiche dopo che altri scienziati non erano riusciti a replicarne i risultati. I lavori sono stati poi ritirati da Nature, per il dubbio che alcuni risultati fossero stati falsificati. E anche se la coordinatrice dello studio, Haruko Obokata, è stata dichiarata colpevole di cattiva condotta, Sasai è stato invece assolto da un diretto coinvolgimento, pur ricevendo critiche per la sua supervisione e per non aver rilevato le contraddizioni degli studi.

La morte di Sasai ha gettato nello sconforto il mondo della ricerca giapponese. Lo scienziato era una delle punte di diamante della ricerca molecolare e la sua scomparsa potrebbe portare a una pesante battuta d’arresto nella ricerca sulle cellule staminali pluripotenti e sullo sviluppo delle cellule Stap.

“E’ una cosa particolarmente spiacevole”, ha commentato il portavoce del governo Yoshihide Suga. “Il dottor Sasai – ha aggiunto – era uno dei principali protagonisti nel campo della medicina rigenerativa”. Il suicidio di Sasai, che formalmente non era direttamente responsabile delle pecche nel report di Obokata, s’inquadra in una tradizione che vede l’autoannientamento come una possibilità per mondarsi dalla vergogna. Lo era nel Giappone medievale, continua a esserlo ancora oggi.

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