Staminali: Molto vicini alla soluzione del problema del rigetto dei trapianti.

Un innovativo programma di ricerca negli Stati Uniti che sta indagando se le cellule staminali possono essere la chiave per permettere ai pazienti di trapianto di organi a smettere di prendere farmaci immunosoppressori, ha ricevuto 12 milioni di dollari di finanziamento per la ricerca. La concessione permetterà ai ricercatori di terminare la fase II dei test clinici e cominciare la fase III. Il Northwestern ha iniziato il trial clinico dello studio all’inizio del 2009 come parte di una collaborazione con l’Università di Louisville, che fornisce le cellule staminali specializzate usate in ogni procedura di trapianto.

I risultati del nostro studio clinico sono stati un catalizzatore per gli investimenti a lungo termine della Novartis” ha detto Joseph Leventhal direttore del trapianto di rene e pancreas al Northwestern Memorial Hospital.

La sperimentazione clinica utilizza cellule staminali appositamente progettati da donatori di rene per convincere il sistema immunitario del ricevente dell’organo di riconoscere il nuovo rene come proprio. Nelle procedure di trapianto tradizionali, un destinatario affronta il pericolo che il proprio sistema immunitario riconosca un organo appena trapiantato come un corpo estraneo che debba essere rimosso, finendo ad attaccare e cercare di uccidere il nuovo organo. Per evitare tutto ciò, i medici devono attualmente prescrivere dei farmaci anti-rigetto per indebolire il sistema immunitario e tenerlo a bada.

Nel marzo del 2012, Leventhal e suoi colleghi hanno pubblicato i primi risultati clinici dello studio di otto partecipanti, cinque dei quali sono stati in grado di smettere con successo di assumere i farmaci anti-rigetto entro un solo anno dopo aver ricevuto un nuovo rene, mentre altri due continuano con solo basse dosi di tali farmaci onde mantenere un regime normale. Il paziente finale ha sofferto di una malattia estranea al processo il che ha richiesto un ulteriore trapianto di rene.

Lo studio – dunque – ha dimostrato per la prima volta nella storia del trapianto di organi che possiamo raggiungere una tolleranza al trapianto durevole persino nelle combinazioni dove il donatore e il ricevente non sono imparentati tra loro“, ha dichiarato Leventhal aggiungendo: “Sono molto entusiasta che siamo in grado di continuare questa innovativa ricerca“.

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