Staminali: Svelato il segreto per cambiare la forma delle cellule!

Degli scienziati giapponesi hanno trovato un metodo per trasformare le cellule staminali in cellule adipose semplicemente cambiando la loro forma, e questo potrebbe portare a nuovi trattamenti per il cancro e l’obesità.

Il team di ricercatori della Keio University, Nihon University e di altre istituzioni aveva concentrato i propri studi sul citoscheletro di actina, una struttura fibrosa fatta di proteine che dà a ogni cellula la propria forma.

Le cellule staminali, un tipo di cellule che possono differenziarsi in molteplici tipi di cellule e dare origine a più cellule dello stesso tipo, hanno un lineare citoscheletro di actina. Quello di cellule adipose, tuttavia, è a forma di mezzaluna.

Utilizzando un agente speciale capace di smontare il citoscheletro di actina delle cellule staminali di topo, gli scienziati l’hanno riconfigurato in forma a mezzaluna. Poi hanno scoperto che le cellule così alterate si sono evolute in cellule di grasso.

Gli stessi scienziati sono riusciti a “trasformare” pure i fibroblasti della pelle – che hanno anche loro un lineare citoscheletro di actina – in cellule di grasso.

Un fattore chiave, ci spiegano gli scienziati, era MKL1, una proteina che funge da “interruttore” per vari geni nelle cellule. Il citoscheletro di actina, una volta smontato divenne legato a MKL1, causando un’altra proteina di deformare a sua volta il lineare citoscheletro di actina nella forma a mezzaluna.

Se diventiamo capaci di alterare la forma del citoscheletro di actina nelle cellule tumorali e le trasformiamo in cellule di grasso, in futuro, potremmo essere in grado di curare il cancro“, ha detto Hideyuki Saya, un professore di controllo genetico alla Keio University che ha guidato la squadra. “Invece, impedire che la struttura si sviluppi in una forma a mezzaluna può bloccare la produzione di cellule adipose, portando a nuovi metodi di prevenzione dell’obesità“, ha aggiunto Saya.

I risultati della ricerca sono stati pubblicati ieri nella rivista scientifica britannica “Nature Communications”.

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