La sclerosi multipla è una patologia neurologica che causa la progressiva perdita del controllo muscolare. Al mondo ne soffrono quasi 2 milioni e mezzo di persone, oltre 70 mila nella sola Italia. Principale indiziato nell’insorgenza della sclerosi è il sistema immunitario che, per ragioni ancora da chiarire, viene iper-attivato causando la distruzione della mielina, quella sostanza che isola le cellule nervose e che consente la corretta conduzione degli impulsi. Si calcola che nei nervi danneggiati la velocità di propagazione dell’impulso elettrico sia 100 volte inferiore rispetto alla norma.
Fermare la malattia e ripararne i danni. E’ questo l’ambizioso obbiettivo dell’utilizzo delle cellule staminali nel trattamento della sclerosi multipla. Un approccio che oggi sembrerebbe essere meno lontano. A confermarlo sono i dati presentati al congresso Actrims-Ectrims in corso a Boston, l’appuntamento mondiale dedicato alle nuove frontiere nella cura della sclerosi multipla.
Ma la ricerca non si ferma li e oggi un team diretto dagli italiani Luca Peruzzotti-Jametti e Stefano Pluchino dell’University of Cambridge (Gb) ha presentato un nuovo lavoro a base di cellule staminali neurali.
La procedura di ringiovanimento, spiegano gli autori, è nuova, una variante di quella che è valsa il Nobel a Shinya Yamanaka. E’ stata messa a punto dallo stesso team che la giudica “diretta, altamente efficace e rapida” – occorrono 18 giorni in vitro – e permette di ottenere una popolazione viva e vitale di cellule neurali autologhe ‘ringiovanite’.
“Le cellule neurali originano dallo stesso tessuto coinvolto nella patologia e hanno una potenziale capacità riparativa interessante, mentre d’altro canto le mesenchimali sono più semplici da prelevare e hanno una importante capacità antinfiammatoria e immunomodulante – commenta Antonio Uccelli, neurologo dell’Università di Genova che sta conducendo un lavoro sulle staminali mesenchimali -. Utilizzare le staminali neurali indotte semplifica il problema. Sono due strade interessanti, ma nel secondo caso gli studi sono molto più avanti”.